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@ di Paolo Cavaleri
CINETICA-Potere. Questa parola suscita molte sensazioni, e al di là che siano positive o negative, si tratta solamente di punti di vista che ognuno ha diritto di avere. Tuttavia è sempre bene tenere a mente che quando diamo per scontato delle regole utili a pochi, gli altri, ipoteticamente, potrebbero chiedere o imporre un confronto per ritrattare le dinamiche dominanti.
Siamo superiori agli animali per intelligenza, ma abbiamo ancora l’istinto di conservazione e anche se conservare rimanda a un’idea di calma, essa può sembrare apparente e poco giusta.
Dunque, talvolta, si incorre nella necessità di ripristino per conservare la propria vita, e quelli che oggi sono chiamati diritti non dovrebbero essere tacciati spesso, perché il confronto mette davanti una delle differenze più forti nelle gerarchie del comando.
Essere offensivi o difensivi può apparire speculare per l’altra parte, ma è confrontandosi che si vedrà in ultimo chi si nasconde dietro l’autorità, quindi ha solo un ruolo, e chi invece è l’autorità, quindi ha in sé indipendenza, senso del giusto e pretesa del rispetto per sé e il prossimo.
Indipendenza, giustizia e rispetto sono componenti basilari dell’autorevolezza che attraverso il confronto ricalibra le cattive autorità.
Il Castello – (2001).
“Non è il suo muro è il vostro”
Eugene Irwin è una leggenda vivente dell’esercito. Un errore, costato la vita ad otto uomini, lo ha marchiato come colpevole relegandolo in una prigione di soldati che, come lui, hanno contravvenuto al codice etico militare degli Stati Uniti d’America. Questo luogo si chiama il Castello. Controllato da altri militari, è supervisionato dal Colonello Winter, soldato mai stato su un campo di battaglia e collezionista di cimeli delle guerre mondiali. Egli mostra al nuovo arrivato la disposizione della prigione, soffermandosi sul particolare di lasciare agli uomini lo svago di poter costruire un vecchio muro per passare il tempo.
Dalla dimostrazione alla punizione, fino al rispetto.
Avvisato dai compagni di istituto su alcune violenze che hanno visto la morte di alcuni compagni, da parte dei tiratori nelle torrette di sorveglianza, si mostra inizialmente disinteressato della condotta aggressiva dei guardiani e superiori nei confronti dei detenuti. Tuttavia, la morale dell’ex generale, non seconda alla disciplina per le regole, lo costringe a soccorrere durante una punizione, a suo dire troppo ingiusta, un giovane. Winter, nonostante ammiri Erwin, impone a questo dei lavori forzati sotto il sole cocente. Questa sua tempra fisica accompagnata alla rettitudine etica, comincerà ad attirare la simpatia dei detenuti.
Così, dopo l’apparente umiliazione, fa notare ai suoi nuovi compagni che quel muro in costruzione, che i guardiani concedono di costruire, potrebbe essere qualcosa di più: notando la data e il nome di un uomo, in passato prigioniero, inciso su una pietra, ipotizza la costruzione dello stesso, ma al fine di iniziare idealmente l’entrata di un vero castello. Comincia così un nuovo progetto per unire le potenzialità di un gruppo, proprio sotto la direzione dello stesso ragazzo che aveva difeso dai caporali.
La fine di uno per l’inizio degli altri.
Winter accortosi che il solito muro è stato abbattuto per ordine di Erwin per iniziarne un altro, nota l’unione dei detenuti che a loro volta si danno dei curiosi nomignoli come ad imitare il prototipo della gerarchia militare. Egli convoca il Generale nel suo ufficio per delle spiegazioni dove l’eroe dei prigionieri rammenta al Comandante di considerare anche il buono che essi hanno fatto. Un momento dopo, partirà l’ordine per buttare giù il muro appena eretto dagli uomini, ma l’esecuzione vedrà la morte del ragazzo che da ex-marine, divenuto orgogliosamente capocantiere, sarà colpito da una pallottola su ordine di Winter.
Muore il giovane, come altri prima di lui, ed Erwin inizierà prima una guerra psicologica, atta a dimostrare l’inefficienza al comando del suo nemico, poi di milizia per distruggere fisicamente il Castello, dove i soldati muoiono nel silenzio violando la legge.
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“The Last Castle” è una pellicola del 2001, per la regia di Rod Lurie e le interpretazioni principali di Robert Redford, James Gandolfini, Mark Ruffalo, Delroy Lindo, Clifton Collins Jr. e Robin Wright.
Pellicola ambientata nella stessa struttura utilizzata per l’ambientazione de “Il Miglio Verde” illustra la storia di un’autorità militare dove prigionieri e guardiani sono tutti soldati. Irwin, scontrandosi immediatamente con Winter, incarna esattamente l’autorità che grazie al confronto con un’altra porta al rovesciamento di una situazione: il personaggio opera su più livelli di confronto, si vede l’incontro intimo con la figlia che, seppur per poco, lo identifica come un uomo dai desideri normali, simili a quello comune e lontano da quelli di comando, e subito dopo gli scambi di opinione con Winter avrà un dialogo con il grado superiore al quale non può rivelare il piano in costruzione.
Questo film palesa, i due tipi di autorità. Il Colonnello sulla torre vetrata di comando con un’autorità concessa per il non confronto con i suoi sottoposti ideali, e il Generale senza autorità perché in un contesto chiuso, ma capace di autorevolezza perché riconosciuta da suoi uomini. Il confronto mostra il vero valore dei soggetti sul campo da gioco, e mina l’autorità quando essa nutre esclusivamente il proprio ego non pensando alla cosa più giusta, equilibrata e consapevole.
Buona visione.
Il confronto è occasione di mostrare le proprie qualità, affinarle è possibile, e il risultato, se non si ha un cuore ottenebrato dal potere o mania del controllo, conduce al bilanciamento dei ruoli nel sistema.
In questo nostro apparato politico-amministrativo, forse un giorno, verrà il momento dove il confronto sarà pacificatore … magari senza che nessuno perda la vita.